Il piccolo borgo di Sant’Egidio, il cui profilo emerge tra le dolci colline che separano la Valle del Tevere dalla Valle Umbra, rappresenta un esempio di quei beni culturali minori diffusi in Umbria, la cui valorizzazione passa anche attraverso il coinvolgimento dei suoi abitanti, spesso gelosi custodi delle storie del luogo.
La bellezza del paesaggio rurale in cui è inserito, solo poco compromesso dalle recenti edificazioni, rappresenta il primo aspetto che colpisce quel turista/viaggiatore, disponibile ad abbandonare gli itinerari classici del turismo.
Le prime notizie certe sull’esistenza di edifici nella collina di Sant’Egidio risale alla fine del XIII sec.: in particolare, nel 1294 fu consacrata l’attuale chiesa parrocchiale, probabilmente pertinente ad un edifico conventuale, appartenente alle monache del monastero perugino di Santa Giuliana, proprietarie di gran parte dei terreni del luogo, insieme al Comune di Perugia.
Incerta risulta la data di fortificazione del complesso e la successiva trasformazione, in residenza, per gli abitanti del luogo; infatti, l’accoglimento, subordinato alla costruzione di mura, da parte del municipio perugino della petizione (datata 1294) degli abitanti del luogo per la costruzione di edifici residenziali, non può essere considerata prova dell’effettiva edificazione, tanto che, fino alla fine del 300, Sant’Egidio viene denominato villa e solo nelle elencazioni quattrocentesche compare la dicitura castello.
Nel 1415 Sant’Egidio fu teatro della famosa battaglia nella quale le truppe perugine vengono sconfitte da Braccio Fortebraccio da Montone, aprendo la strada alla sua signoria sulla città.
Nel 1540 il borgo subisce i saccheggi delle truppe di papa Paolo III, durante la guerra del sale, che sancì per Perugia ed il suo territorio la perdita definitiva di qualsiasi autonomia fino all’Unita d’Italia.
Il XVII e il XVIII sec. sono segnati da una profonda crisi economica e demografica, condivisa con altri territori periferici dello Stato della Chiesa, che sembra concludersi solo alla fine del ‘700, quando si ristruttura la chiesa parrocchiale per dotarla di un fonte battesimale. Per tutto l’800, fino ai primi anni del 900, risulta fondamentale per il paese l’attività della parrocchia, non solo sul piano religioso, ma anche socio economico, come testimonia la promozione della costituzione nel 1880 dell’Unione Mutua Beneficenza di Sant’Egidio, antenato dell’Istituto di Credito, ancora presente nel paese. La storia recente del borgo, fortemente segnato nel periodo della seconda guerra mondiale dai bombardamenti del limitrofo aeroporto, ha visto una crescita urbanistica costante ma, in linea di massima, in armonia con il territorio agricolo circostante.
Negli ultimi anni Sant’Egidio è diventato una delle principali porte di accesso dell’Umbria grazie all’aumento del traffico aereo, anche internazionale, nell’aeroporto che sorge nel suo territorio.
I recenti lavori di ampliamento prevedono anche la realizzazione di una nuova aerostazione progettata dallo studio Gae Aulenti Architetti Associati, una delle firme più prestigiose dell’architettura italiana, famosa tra l’altro per la realizzazione del Museo d’Orsay a Parigi.
La nuova architettura, composta da otto volumi a pianta quadrata, prevede, verso il land side, due sale di attesa per partenze e arrivi e un’area servizi e, verso l’air side, sale arrivi e partenze.
L’aeroporto fu inaugurato il 28 ottobre 1938 e la pista, costruita tra il 1939 e il 1940, era utilizzata solo per l’Aeronautica Militare.
Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, l’aerostazione fu oggetto di pesanti bombardamenti aerei, da parte delle truppe alleate; durante uno di questi cadde un aereo americano, i cui resti, a guerra finita, furono recuperati da alcuni ragazzi del paese, per estrarre ferro e alluminio da rivendere. Circa due anni dopo la caduta dell’aereo, la piccola Rosa Faldella, mentre il padre lavorava la terra, ritrovò un anello con un’iscrizione che, nonostante il valore notevole in quel periodo di così grande povertà, la famiglia non riuscì mai a vendere, fermata dal pensiero che potesse appartenere al pilota americano abbattuto e che i suoi parenti potessero desiderare quel gioiello in suo ricordo. Il padre decise, in seguito, di provare a ritrovare i familiari dell’aviatore e, dopo essersi fatto tradurre il contenuto della scritta a una signora americana che viveva nelle vicinanze, mise un annuncio sul giornale. La notizia venne a conoscenza dell’ambasciata americana, che inviò un generale per approfondire la questione; il militare, apprezzando l’onestà della famiglia, le conferì un diploma di merito e si impegnò a ricercare i parenti della vittima.
La ricerca non fu vana, infatti, si scoprì ancora viva la madre del pilota ma, poichè molto anziana e fiduciosa nel ritorno del figlio, per non darle un dispiacere non le fu mai consegnato l’anello, diventato quindi patrimonio del tesoro americano.
La bellezza del paesaggio rurale in cui è inserito, solo poco compromesso dalle recenti edificazioni, rappresenta il primo aspetto che colpisce quel turista/viaggiatore, disponibile ad abbandonare gli itinerari classici del turismo.
Le prime notizie certe sull’esistenza di edifici nella collina di Sant’Egidio risale alla fine del XIII sec.: in particolare, nel 1294 fu consacrata l’attuale chiesa parrocchiale, probabilmente pertinente ad un edifico conventuale, appartenente alle monache del monastero perugino di Santa Giuliana, proprietarie di gran parte dei terreni del luogo, insieme al Comune di Perugia.
Incerta risulta la data di fortificazione del complesso e la successiva trasformazione, in residenza, per gli abitanti del luogo; infatti, l’accoglimento, subordinato alla costruzione di mura, da parte del municipio perugino della petizione (datata 1294) degli abitanti del luogo per la costruzione di edifici residenziali, non può essere considerata prova dell’effettiva edificazione, tanto che, fino alla fine del 300, Sant’Egidio viene denominato villa e solo nelle elencazioni quattrocentesche compare la dicitura castello.
Nel 1415 Sant’Egidio fu teatro della famosa battaglia nella quale le truppe perugine vengono sconfitte da Braccio Fortebraccio da Montone, aprendo la strada alla sua signoria sulla città.
Nel 1540 il borgo subisce i saccheggi delle truppe di papa Paolo III, durante la guerra del sale, che sancì per Perugia ed il suo territorio la perdita definitiva di qualsiasi autonomia fino all’Unita d’Italia.
Il XVII e il XVIII sec. sono segnati da una profonda crisi economica e demografica, condivisa con altri territori periferici dello Stato della Chiesa, che sembra concludersi solo alla fine del ‘700, quando si ristruttura la chiesa parrocchiale per dotarla di un fonte battesimale. Per tutto l’800, fino ai primi anni del 900, risulta fondamentale per il paese l’attività della parrocchia, non solo sul piano religioso, ma anche socio economico, come testimonia la promozione della costituzione nel 1880 dell’Unione Mutua Beneficenza di Sant’Egidio, antenato dell’Istituto di Credito, ancora presente nel paese. La storia recente del borgo, fortemente segnato nel periodo della seconda guerra mondiale dai bombardamenti del limitrofo aeroporto, ha visto una crescita urbanistica costante ma, in linea di massima, in armonia con il territorio agricolo circostante.
Negli ultimi anni Sant’Egidio è diventato una delle principali porte di accesso dell’Umbria grazie all’aumento del traffico aereo, anche internazionale, nell’aeroporto che sorge nel suo territorio.
I recenti lavori di ampliamento prevedono anche la realizzazione di una nuova aerostazione progettata dallo studio Gae Aulenti Architetti Associati, una delle firme più prestigiose dell’architettura italiana, famosa tra l’altro per la realizzazione del Museo d’Orsay a Parigi.
La nuova architettura, composta da otto volumi a pianta quadrata, prevede, verso il land side, due sale di attesa per partenze e arrivi e un’area servizi e, verso l’air side, sale arrivi e partenze.
L’aeroporto fu inaugurato il 28 ottobre 1938 e la pista, costruita tra il 1939 e il 1940, era utilizzata solo per l’Aeronautica Militare.
Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, l’aerostazione fu oggetto di pesanti bombardamenti aerei, da parte delle truppe alleate; durante uno di questi cadde un aereo americano, i cui resti, a guerra finita, furono recuperati da alcuni ragazzi del paese, per estrarre ferro e alluminio da rivendere. Circa due anni dopo la caduta dell’aereo, la piccola Rosa Faldella, mentre il padre lavorava la terra, ritrovò un anello con un’iscrizione che, nonostante il valore notevole in quel periodo di così grande povertà, la famiglia non riuscì mai a vendere, fermata dal pensiero che potesse appartenere al pilota americano abbattuto e che i suoi parenti potessero desiderare quel gioiello in suo ricordo. Il padre decise, in seguito, di provare a ritrovare i familiari dell’aviatore e, dopo essersi fatto tradurre il contenuto della scritta a una signora americana che viveva nelle vicinanze, mise un annuncio sul giornale. La notizia venne a conoscenza dell’ambasciata americana, che inviò un generale per approfondire la questione; il militare, apprezzando l’onestà della famiglia, le conferì un diploma di merito e si impegnò a ricercare i parenti della vittima.
La ricerca non fu vana, infatti, si scoprì ancora viva la madre del pilota ma, poichè molto anziana e fiduciosa nel ritorno del figlio, per non darle un dispiacere non le fu mai consegnato l’anello, diventato quindi patrimonio del tesoro americano.