Trevi

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Bellissimo e suggestivo, il borgo di Trevi domina la vallata sopra la pianura dove scorre il Clitunno.
La città dall'aspetto medievale ha in realtà origini, molto più antiche, infatti già Plinio il Vecchio la classifica come una città degli Umbri, e il nome latino Trebia dal latino treb-, componente delle parole che in quella antica lingua indicavano casa, costruzione.

In età imperiale, acquistò rilevanza, quando l'antico corso della Flaminia si sviluppò in pianura, e in località Pietrarossa una vera civitas con edifici monumentali di cui rimangono numerosi resti, mentre sul colle seguitò a sussistere l'arce fortificata con robuste mura del I secolo a.C., ad oggi visibili.

Agli inizi del XIII secolo si costituì in libero comune, che alleatasi con Perugia per difendersi da Spoleto fu, con alterne vicende, in lotta con i comuni vicini, ottenendo il libero governo soltanto nel 1389.

Nel basso Medioevo e nel Rinascimento ebbe il suo periodo migliore, caratterizzato da straordinari commerci ( veniva chiamata "il porto secco") e vivacissima attività culturale. Nel 1469 vi fu eretto uno dei primissimi Monti di Pietà e nel 1470 vi si impiantò una tipografia, la quarta in Italia, gestita dalla prima società tipografica di cui si abbia memoria.

Nel 1784  fu reintegrata al titolo di città da Pio VI.

Trevi

Piazzale Garibaldi Trevi
L’abitato altomedievale si concentra all'interno dell'area urbana chiusa da mura, passeggiando nelle vie caratterizzate da ciottoli e mattoni che compongono nella pavimentazione variegati motivi, non possiamo fare a meno di fermarci presso l’ex convento di S. Francesco che ospita la Raccolta d’Arte S. Francesco, la Pinacoteca Civica e il Museo Nazionale della Cività dell’Ulivo.

Complesso Museale di San Francesco
Complesso Museale di San Francesco

Inaugurato nell’ottobre del 1996 trova collocazione in una parte dell'ex convento dei Frati minori Conventuali.  L’edificio sorto nel XIII secolo è stato nella prima metà del ‘600 completamente ricostruito.
Il Chiostro presenta nelle lunette affreschi raffiguranti le Storie della vita di san Francesco, opera di Bernardino Gagliardi, pittore nato a Città di Castello nel 1609 e morto a Perugia nel 1660. La presenza del pittore a Trevi si deve al fatto che fosse “di carattere piuttosto caldo”, si sarebbe infatti ritirato presso i Francescani per “aver forte menato le mani” in Perugia. In questo periodo di esilio realizzò le lunette del Chiostro, con gli evangelisti e santi e nel vano adiacente al chiostro e le decorazioni della foresteria: le tre virtù cardinali: Fede, Speranza e Carità e la virtù monastica della Continenza; al centro della volta  l’estasi di san Francesco.  Gli affreschi risalgono al 1645.

Pinacoteca
La accoglie opere di straordinario interesse storico-artistico  del periodo medievale e rinascimentale: trittico e quadrittico con le storie della vita di Cristo di Giovanni di Corraduccio del secolo XV, l’Incoronazione della Vergine di Giovanni di Pietro, detto lo Spagna, una Madonna con il Bambino del  periodo giovanile del Pinturicchio e la grande pala d’altare con l’Assunzione della Vergine di Alessandro Turchi, soprannominato l’Orbetto, del 1640.
Inoltre vi sono esposti reperti che sono testimonianza delle origini antiche della città che vanno dall'epoca romana all'Ottocento, mentre il museo archeologico presenta materiali di scavo (cippi, iscrizioni, terrecotte) provenienti soprattutto dalla località Pietrarossa, sito dell’antica Trebiae romana. Qui recenti scavi archeologici hanno portato alla luce, una necropoli longobarda. Gli oggetti rinvenuti, come la ricostruzione di una tomba con lo scheletro di una donna anziana con corredo funerario del VII secolo d. C., che ora trovano degna collocazione nella sezione archeologica del Complesso Museale di San Francesco.

Chiesa di San Francesco
Costruita nella prima metà del secolo XIV su un preesistente edificio sacro del XIII secolo si presenta secondo lo stile degli ordini mendicanti a sala unica con tetto a capriate.
L’interno conserva tracce di affreschi dei secoli XIV, XV e XVI. Da vedere un preziosissimo organo da muro del 1509, tra i più antichi del mondo del Cinquecento, di recente restaurato e un Crocifisso da iconostasi, dipinto nella prima metà del XIV secolo.
La Chiesa e il convento testimoniano la presenza del santo a Trevi che predicò al popolo trevano nella piazza del Comune nell’anno 1213, dove si svolse il famoso episodio dell’asino narrato dal Pisani nel “De conformitate”.

Museo Nazionale della Cività dell’Ulivo.
Il Museo è dedicato alla cultura dell'olio ed alla coltura dell'olivo, vuole offrire al visitatore di far conoscere il microcosmo legato alla coltivazione dell'ulivo e alla produzione dell'olio nell'ambiente trevano e umbro.
Questo "sistema museale" esalta lo stretto rapporto tra la coltura dell'olivo, il suo prodotto, le trasformazioni ed evoluzioni dell'ambiente in cui per secoli è cresciuto ed è stato coltivato l'ulivo, con le sue implicazioni sociali ed economiche. Un itinerario di visita guidato accompagna l'ospite all'interno del ciclo della coltivazione dell'ulivo, della produzione e conservazione dell'olio, dando indicazioni sulle varie tecniche di lavorazione ed estrattive, non dimenticando i rituali, le superstizioni, le credenze religiose tipicamente locali.
Un'esposizione sintetica ma completa, che si articola in quattro sezioni:
1 -botanica;
2 - conosciamo l'olio e l'ulivo;
3 - l'ulivo simbolo di pace;
4 - storia dell'ulivo.
Il carattere didattico di questa parte del museo trova divertente espressione nelle vignette disegnate da Ro Marcenaro destinate al pubblico dei piccoli.


Villa Fabbri
La Villa, oggi sede dell'Ufficio Turistico comunale, dell'Associazione Regionale Strada dell'Olio extravergine di Oliva Dop Umbria e della Fondazione Villa Fabri, è utilizzata dall'Ente comunale per iniziative culturali.
Le sale con volte dipinte, ottimamente conservate, il parco e la posizione splendidamente panoramica, con vista sulla valle sottostante fino a Spoleto, ne fanno uno dei luoghi più attraenti di Trevi.
É indicata con nomi diversi, a seconda delle famiglie che l'hanno posseduta attraverso quattro secoli. Fu costruita dalle fondamenta sul finire del Cinquecento e inaugurata nel 1603 da Girolamo Fabri “per  sollievo della sua vecchiaia, a gioia dei posteri e del paese".
 
Nel 1891 Mons. Giuseppe Giovanni Hais, Vescovo di Hradec Kralove, l’acquistò per il Collegio Boemo in Roma, e l’ampliò con la costruzione dell’ala destra. Dagli anni Quaranta del Novecento fino al 1988 ospitò, nel periodo estivo, il Pontificio Collegio Etiopico. Fu poi venduta a privati e da questi è passata al Comune di Trevi. - See more at: https://www.treviturismo.it/arte_e_cultura/villa_fabri#sthash.Aw7BbS3I.dpuf
Nel 1891 Mons. Giuseppe Giovanni Hais, Vescovo di Hradec Kralove, l’acquistò per il Collegio Boemo in Roma, e l’ampliò con la costruzione dell’ala destra. Dagli anni Quaranta del Novecento fino al 1988 ospitò, nel periodo estivo, il Pontificio Collegio Etiopico. Fu poi venduta a privati e da questi è passata al Comune di Trevi.
Nella facciata principale della Villa, graffiti monocromi di Praga e di altre cinque città della Boemia, e la cappella riccamente dipinta; nell’abside sono raffigurati i santi della Boemia, tra cui al centro San Venceslao, martire, patrono della Repubblica Ceca e della Boemia.La decorazione esterna dell’edificio e del luogo di culto è stata realizzata, tra il 1912 e il 1914, dagli artisti B. Cila e Pantaleone Mayor. Quest’ultimo monaco benedettino del Monastero di Praga, seguace della Scuola del Beuron, movimento artistico fiorito in Svezia, grazie a Peter Lenz, monaco benedettino con il nome di Dom Desiderio, nella seconda metà del XIX, che Giovanni Battista Montini (Paolo VI)  in un saggio sul periodico “Studium” del gennaio 1929, definì: ”una delle correnti meglio definite dell’arte sacra contemporanea.  Essa è arte religiosa pura”.

La decorazione della Cappella dei Boemi costituisce in Italia, dopo la Cripta di Montecassino, il secondo lavoro più importante della scuola di Beuron. La scuola artistica benedettina di Beuron getterà ponti verso l’art nouveau e la modernità.

La Villa presenta nei soffitti delle sale del piano nobile una notevole decorazione ad affresco, ben conservata in tutta la sua vastità, della prima metà  del secolo XVII.
Nell’atrio è rappresentata, al centro della volta, la Gloria con la scritta: “Invidiam calco et fortunam supero” (Schiaccio l’invidia e conquisto la fortuna). Negli spicchi sono rappresentate le figure allegoriche delle quattro stagioni con i propri segni zodiacali, racchiusi in tondi.

Nella prima sala, la più ampia, in una finta porta è dipinto un personaggio in atto di affacciarsi, nella volta, scene del Vecchio Testamento: il giudizio di Salomone; Giuseppe sfugge alle seduzioni della moglie di Putifarre; Susanna tentata dai vecchi; Sansone tradito da Dalila; David guarda Betsabea. Le scene sono tutte incorniciate, e al di sotto spiccano, tra palme e corone, le figure allegoriche di virtù: Concordia, Tranquillitas, Magnificentia, Liberalitas, Nobilitas, Prudentia, Pax, Amicizia, con gli stemmi di alcune famiglie che ebbero in possesso la Villa e di famiglie congiunte.

Nella sala, che segue a destra, al centro della volta è dipinta la Religione, e nei quattro lati l’Arte Militare, la Letteratura, la Caccia e il Matrimonio.

La sala successiva reca le storie del profeta Daniele; il banchetto di Baldassàr; il Profeta smaschera i sacerdoti di Bel; il Profeta nella fossa dei leoni e il Profeta Abacuc trasportato dall’Angelo con il cibo in mano; i Persecutori del Profeta sbranati dai leoni.

Nelle sale a sinistra dell’ingresso: la prima ha nel riquadro centrale della volta San Paolo I eremita; nei quadri laterali: i SS. Antonio, Macario, Onofrio e Girolamo con l’elogio delle loro gesta; e le figure allegoriche della Continenza, Verginità, Parsimonia, Povertà, Carità, Vigilanza, Fedeltà, Affabilità, con i puttini che sorreggono stemmi cardinalizi, tra cui quello del card. Ermino Valenti.

La sala successiva, ovale, ha nel centro della volta uno sfondo architettonico con le SS. in gloria Maddalena, Maria Egiziaca, Sofronia e Dimpna in gloria: ai lati sono raffigurate le scene di vita delle stesse sante.
Museo della Civilità dell'uli

Complesso Museale di San Francesco



Lunette del Chiostro di Bernardino Gagliardi



Trittico con le storie della vita di Cristo di Giovanni di Corraduccio del secolo XV



Incoronazione della Vergine di Giovanni di Pietro, detto lo Spagna



La Chiesa di San Francesco



Museo Nazionale della Cività dell’Ulivo
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Villa Fabbri


Interni
Villa Fabbri



Interni Villa Fabbri



Interni Villa Fabbri
Olio
Tra il verde delle dolci colline dell’Umbria spicca l’argento degli olivi: una coltivazione che rappresenta bene tutta la regione. L’olivo, simbolo biblico e universale di pace, richiama i grandi valori religiosi, così importanti in una terra che per la sua conformazione orografica è stata chiamata la “Terra Santa d’Italia”.

Nella Passio Sancti Miliani Martiris si legge
"lo legarono ad una giovane pianta di olivo per essere trafitto".
L’olivo, identificato con la pianta centenaria che si trova in località Bovara, è indicato dagli abitanti del luogo come l'Olivo di S. Emiliano. Ritenuto il più antico dell’Umbria è stato censito tra le piante protette e contrassegnato con il numero 102.

Era situato sul terreno abbaziale, infatti dista dall’abbazia benedettina soltanto duecento metri. 
Mentre appare possibile che l’attenzione del popolo trevano per l’olivicoltura sia stata favorita dalla presenza di questa pianta, legata alla memoria di S. Emiliano, che da più di 1700 anni, suscita ammirazione per il suo aspetto imponente. Per rendere accessibile la visita all’olivo millenario, la Comunità Montana dei Monti Martani, Serano e Subasio, ha allestito nel 2002, un recinto e un pannello esplicativo, collocato all’inizio del percorso di visita, che ne racconta la storia.

L’olivo, pianta altamente longeva e di lenta crescita, rappresenta la capacità, propria della Regione, di custodire amorevolmente tradizioni.
Il saporito Olio Dop Umbria rappresenta bene la gastronomia regionale, fatta di cose semplici e schiette, di cibi genuini.

L' olio Extra Vergine di Oliva Dop Umbria. Con acidità inferiore a 0,65%, i polifenoli, secondo le diverse aree, devono essere maggiori o uguali a 100 – 150 ppm; il gusto deve avere una intensità percepibile di fruttato amaro piccante.


Il Sedano Nero di Trevi
La varietà "nera" del sedano viene coltivata alle Canapine (una zona vicina al Clitunno) fin dal XVII sec.

Secondo la tradizione, il sedano nero viene seminato il venerdì santo e viene fatto germogliare fino a quando il fusto non raggiunge i trenta centimetri di altezza. In seguito, viene effettuato
manualmente un rincalzo progressivo al fine di ottenere larghe coste e consentirne lo sbiancamento per l'inizio dell'autunno.

All'apparenza è un normale sedano, ma ha un cuore carnoso e tenerissimo e il suo gusto è molto intenso. Le costole, lunghe sono quasi prive fili.

La pianta, ricca di vitamine e di sali minerali, ha caratteristiche diuretiche e digestive.

Nei secoli scorsi il sedano nero veniva fornito come alimento ai passeggeri delle navi che ai tempi dello Stato Pontificio facevano la rotta da Genova, Livorno, Napoli verso le Americhe, perché oltre a essere un ottimo secondo piatto si conservava a lungo.

Tartufo
Atentico pezzo forte delle cucine più raffinate, il tartufo prolifera nel buio silenzioso e segreto della terra di Trevi. Non esiste in natura un altro prodotto che abbia lo stesso fascino. Fin dai tempi più remoti, questo tubero è comparso sulle tavole dei nostri progenitori con la stessa ritualità di oggi. Insomma, per ciascuno affrontare un pasto in cui sia presente questo tubero è una festa, un piacere prima dell'anima e poi del gusto. Tre le tipologie fondamentali: il Nero, il Bianco e lo Scorzone estivo. A Trevi la qualità prevalente è il Nero, che troverete da novembre a marzo, mentre in estate è possibile degustare lo Scorzone estivo, meno pregiato, ma non di minor gusto.

Olivo di S. Emiliano



Olio




Sedano Nero di Trevi



Sedano Nero di Trevi




Tartufo
Sentiero degli ulivi
Il percorso si snoda per la maggior parte intorno a quote di 500-600 metri di altitudine e con facili dislivelli, offrendo all’escursionista oltre a splendidi scorci panoramici anche emergenze vegetazionali, geologiche e storico-artistiche di notevole interesse. Numerosi sono i posti tappa dove è possibile pernottare. Nei centri più grandi come Spoleto, Campello, Trevi, Foligno, Spello e Assisi si ha l’imbarazzo della scelta. Ma anche lungo il percorso, talvolta nei vari paesini attraversati o poco lontano, è possibile alloggiare soprattutto in agriturismi o case vacanze. L’itinerario attraversa tutta una serie di piccoli insediamenti urbani che, sorti in epoca romana per sfuggire al progressivo impaludamento della pianura, si presentano discretamente conservati e conosciuti con il nome di “castelli”. Percorribile tutto l’anno, il Sentiero degli Ulivi, si giova anche della vicina presenza della superstrada e della ferrovia; in particolare: nel tratto Spoleto-Foligno della linea Roma-Ancona e nel tratto Foligno-Assisi di quella di Foligno-Terontola. Tale disponibilità permette di personalizzare il percorso e frazionarlo a piacere.

Uno dei percorsi del sentiero degli olivi che si sviluppa fra Spoleto e Foligno, forse il più suggestivo, è il tratto che dalla chiesa di San Michele Arcangelo arriva a Trevi lungo la fascia pedecollinare olivata. Un paesaggio ancora ben conservato dove, oltre alle migliaia di piante di moraiolo, si possono apprezzare gli elementi costruiti dall’uomo ( ciglioni, terrazzamenti, chiuse, torri colombaie ) per coltivare nei secoli l’olivo.

Il sentiero di S. Francesco
350 chilometri da  La Verna in Toscana, alla bella e ampia valle di Rieti in Lazio attraversando i luoghi più significativi della vita di San Francesco, percorrendo valli colline e monti della splendida Umbria passando per Trevi, cuore geografico d’Italia, anima antica di questa minuscola nazione nel centro del mare abbracciata dall’Europa. Nella prima edizione della guida “di qui passò Francesco” le tappe consigliate erano 15, nella nuova se ne è aggiunta una che spezza in due il percorso Spoleto-Collescipoli, permettendoci di sostare e gustare il sapore vero di un antico eremo francescano alla Romita di Cesi.

Sentiero dell'acquedotto Romano
L’acquedotto che portava l’acqua potabile a Trevi dalla sorgente del Fulcione, alla fontana dei Cavalli sita nella piazza del Lago, attuale piazza Garibaldi, fu costruito nella seconda metà del Duecento. Lungo il percorso di circa 4 km l’acquedotto era alimentato anche da altre sorgenti, vicine al percorso, denominate del Cupo, del Poggio, del Selcio e della Renacciola. Un condotto completamente ispezionabile, largo circa 37 cm ed alto 140, scavato prevalentemente nella roccia e foderato con pietra locale con la classica copertura a lastre di pietra disposte alla cappuccina. Oggi l’acquedotto può essere visto percorrendo il sentiero che dalla chiesa di santa Caterina conduce alla Caprareccia.- See more at:

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